Pieve di S. Martino Vigo di Cadore |
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Chiesa B.
V. della Difesa
Sul lato sinistro della chiesa parrocchiale si erge la chiesa della Difesa, costruita da Nicolò Ruopel. L’edifico fu fortemente voluto come voto fatto dalla popolazione nel 1509, al tempo dell’invasione tedesca. Si narra che l’esercito di Massimiliano d’Asburgo durante l’avanzata trionfale verso Venezia, "già avevano preso a passare il ponte di Pelos", improvvisamente fu abbagliato dalla luce divina che rese ciechi i soldati e non permise loro di raggiungere e distruggere i paesi d’Oltrepiave[1]. La chiesa è un esempio importante della diffusione del gotico in Cadore e della sua persistenza fino ad epoca tarda. Lo stile gotico ebbe un periodo di sviluppo così ampio nell’area cadorina grazie “alla sua forma intera e genuina che meglio esprime il sentimento religioso e meglio si integra con la natura circostante. Pare a me (Frova, 1908) che in quel paesaggio sublime e insieme raccolto, fra vette ardite e fitte selve il gotico esprima meglio l’unione tra natura - religione – arte”[2]. La chiesa della difesa, eretta nel 1512, si distingue grazie alle sontuose nervature reticolate con l’aggiunta di elementi ornamentali (stelle-rosoni) e all’eleganza nel complesso della sua architettura. Le pareti interne presentano degli affreschi, compresa una Resurrezione sulla parete absidale, di diverse mani, ascrivibili nell’ambito di maestranze locali; mostrano ingenuità formale e spaziale ma si distinguono per la particolarità di mettere in relazione le scene bibliche con lo scenario cadorino del tempo. All’interno l’edificio è
arricchito da due preziosi dipinti tradizionalmente attribuiti a Nicola Grassi,
raffiguranti L’ultima cena e Le nozze di Cana; un quadro anonimo con
caratteristiche formali nordiche è del 1666 raffigurante il Paradiso e l’inferno con due maestosi
arcangeli in primo piano che giudicano le anime. Sicuramente l’opera più bella
che la chiesa della difesa conserva è la pala d’altare raffigurante San Rocco e San Sebastiano attribuita a
Cesare Vecellio; l’operazione di restauro effettuata dall’università di Venezia ha permesso il totale recupero dello
splendore iniziale. La pala proviene dall’altare dei
santi Rocco e Sebastiano dell’adiacente chiesa parrocchiale di Vigo, da cui fu
asportata probabilmente nel 1894, quando al suo posto fu posizionata una tela
di analogo soggetto del pittore di Laggio Tommaso Da Rin[3].
Il bel dipinto è profondamente diverso dalla “Decollazione del Battista” e dalla “Santa Caterina” e sembra affine alle imprese maggiormente
impegnative del pittore cadorino[4].
Spesso Cesare dipinse questo soggetto, grazie al culto sviluppatosi attorno al
XV secolo: San Rocco e San Sebastiano erano venerati come protettori dalla
peste, che per secoli aveva sterminato la popolazione europea, senza
risparmiare la regione cadorina. La tela di Vigo sembra
riscontrare una conoscenza diretta dell’opera di Tiziano, visibile nella
struttura fisica e dagli abiti disposti nella stessa maniera dal grande maestro
in un’opera del 1540, ora conservata in Vaticano; ma è soprattutto per lo
sviluppo dell’orizzonte, con un gioco di colori rosati che s’irradiano attorno
alla colomba divina, che la tela si distingue come opera di straordinario
valore. L'aggiunta postuma, alla
base, di due santi è forse il rimedio a una bruciatura sofferta
dalla tela. La chiesa conserva pure il paliotto dei Chiantre e l’interessante fonte
battesimale che, con ogni probabilità, è quello del 1347 appartenente alla
chiesa plebana di S. Martino.
10 dicembre 1512 La Dedica (affresco presbiterio a sinistra), il pievano era Giovanni de Clere |
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