Pieve di S. Martino Vigo di Cadore

 

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"L' annuncio"  portato da Aquileia

(English)

   

 

La tradizione marciana, di matrice leggendaria, individua in San Marco l’evangelizzatore di Aquileia. Questi inviato da S. Pietro condusse con sé Sant’ Ermagora a Roma e lo fece ordinare dallo stesso San Pietro primo vescovo di Aquileia. Nella lista dei vescovi di Aquileia risulterebbe, però, un Sant’ Ermagora, primo della serie dei vescovi, attorno alla metà del terzo secolo [P. Paschini] ed è per questo possibile ipotizzare che Sant’ Ermagora e San Marco non fossero contemporanei. E’ però nostra opinione [7] pensare che la leggenda poggi su un qualche fondamento storico, ovvero il formarsi della prima comunità in epoca apostolica, legata alla Chiesa di Alessandria (G. Biasutti), sul quale la tradizione verbale ha poi costruito una narrazione leggendaria, in quanto l’importanza[1]politica e mercantile acquisita dalla città in ambito imperiale poteva essere, di per sé, motivo di interesse all’evangelizzazione già dagli albori dell’età cristiana.Si è avanzato l'ipotesi che la prima comunità fosse a guida non monocratica, fosse cioè guidata da un consiglio di anziani o presbiteri. Secondo il Paschini “notizie sicure sul primo diffondersi del cristianesimo nel territorio di Aquileia e sullo stabilirsi della gerarchia ecclesiastica fanno quasi totalmente difetto, e la storia è costretta ad accontentarsi di induzioni o a cercare quegli indizi che, sebbene generici, gettino qualche lume nell’oscurità”[2]. (La tradizione indica Sant'Ermagora e il suo diacono San Fortunato martirizzati nel 70 d.C. sotto il governatore Sebasto). Per le vicende che riguardano più direttamente il Cadorenon è possibile affermare con certezza quando sia stato effettivamente evangelizzato, comunque è plausibile ritenere che il primo annuncio sia avvenuto in un periodo compreso tra il vescovato di Ermagora (metà del III sec.) e quelli di Ilario e dei due Crisogomo (circa il 308 d.C.). Il processo di conversione non fu breve.

Inoltre, i missionari iniziarono la loro opera partendo dal capoluogo del pagoche era sede dell’amministrazione e magistratura romana e quindi il principale dei vici. Nel caso del Catubrium doveva essere il vico divenuto poi Pieve di Cadore.

L’evangelizzazione del Cadore non fu certo immune dalla repressione imperiale che di tanto in tanto emetteva suoi editti persecutori più o meno applicati dai magistrati del territorio. Non esiste una documentazione di martiri in Cadore ma è prevedibile che i primi cristiani possano avere sofferto per il loro stato. E’ invece certo che il numero dei credenti venne sempre crescente e il cristianesimo, nel corso del IV-V secolo, si consolidò in tutto il Cadore. Dopo l’editto di Costantino (313) è fuori di dubbio che l’evangelizzazione poté esprimere una certa accelerazione non fosse altro per il venire meno della contrapposizione politico-giuridica dell’amministrazione romana. Poté quindi finalmente emergere la Parrocchia del Cadore, guidata da un presbiter,  la quale cominciò a convocare pubblicamente il popolo dei fedeli (plebs oplebe) per le celebrazioni dei Divini Misteri.

Inizialmente le funzioni avvenivano pubblicamente nel sito principale del pago ove accorrevano tutti i fedeli dei vari vici. Questo luogo venne così poco a poco chiamato esso stesso Plebe raddolcito, poi, in Pieve.

Con la sempre crescente organizzazione della chiesa locale, attorno al IV - V secolo [A] , si costruì il primo edificio cristiano adibito al culto su quella delle due vette del Monte Ricco che non era occupata dal Castello (mons.G. De Donà: 3) . Tale chiesa fu dedicata a San Pietro mentre la Pieve, in tempi successivi, sarà dedicata a Santa Maria Nascente e dipenderà dalla diocesi di Julium Carnicum (Zuglio, dove il secondo vescovo documentato in elenco è Januarius morto nel 490), suffraganea di Aquileia, fino al 717 d.C. Da S. Maria Nascente si costituirono altre cappelle di cui le prime furono quelle più lontane ovvero quella della vicinia del Comelico dedicata a S. Stefano e quella della vicinia di Ampezzo dedicata ai santi apostoli Filippo e Giacomo.

Vennero poi costruite le cappelle della vicinia di Resinego (S.Vito di Cadore) e quella della vicinia di Auronzo. In ordine cronologico seguirono quelle di Domegge, Arvaglo (Vigo di Cadore, Oltrepiave) e di Avenasio (Valle di Cadore, Venas). La valle compresa tra Avenasio e Arvaglo prese il nome di S. Martino in quanto le due chiese erano dedicate al Santo vescovo di Tours. Le cappelle, già tutte attive in epoca carolingia, erano officiate dai cappellani direttamente sottoposti all’autorità del Pievano che risiedeva nella chiesa madre.

A seguito della convenzione datata 21 marzo 1208(in nota di trascrizione è definita: Atto di scioglimento o di separazione delle sette antiche chiese di Cadore dalla Pieve di S. Maria), rogata in Vicenza dal notaio Benincasa tra il pievano di S. Maria di Pieve, dominus Stefanus clericus romanus, e il chierico di S. Stefano in Comelico,  dominus Odorico clericus, quale procuratore di sé e dei rettori delle altre sei chiese interessate, si stabilisce che la Pieve di S. Maria rimette ogni diritto, si quod habebat. Scrive mons.Giovanni De Donà[3]: “Da quel punto non ci fu più questione di vere giurisdizioni parrocchiali fra la Pieve di Santa Maria e le sette prenominate”. (Vigo, Cortina, San Vito, Valle, Domegge, Auronzo, Santo Stefano). Diversa l’interpretazione di G. Zanderigo Rosolo. Secondo lo studioso cadorino con il documento del 21 marzo 1208 non ci fu alcun trasferimento di giurisdizione ma la restituzione di quei beni incamerati dalla pieve di S. Maria Nascente ed appartenenti alle sette chiese[4]; si determinava il passaggio da “semplici cappelle” ad “ecclesiae” amministrate, attivando il processo di autonomia[5]. A ciascuna chiesa venivano ufficialmente riconosciuti i diritti sui beni patrimoniali e, di conseguenza, la loro gestione diretta per cui le rendite rimanevano in loco a disposizione della chiesa e del suo rettore in cura d'anime (vedi elenco). La ns. opinione è più vicina a quella del Muratori (sotto esposta in nota #). La Pieve madre (che in un documento del patriarcato datato 1247 risulta già arcidiaconato) conserverà l’unico battistero e la preminenza d’onore[6]che comporterà per i presbiteri rettori l’obbligo di intervenire personalmente o per mezzo di un altro sacerdote loro rappresentante con il cero pasquale la notte del sabato Santo ed assistere alla benedizione dell’acqua del Fonte Battesimale. Dopo il 1347 ciascun pievano ne prendeva una parte  per la propria pieve con la quale amministrava i battesimi fino alla Pasqua successiva.

 

 

ELENCO DEI PIEVANI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1

Corrado

1207-1238

 

2

Vidoto

1255

 

3

Giovanni di Vigo

1289-1295

 

4

Giacomo di Vigo

1298

 

5

Francesco da Camino

1313

 

6

Antonio di Pieve

1339

 

7

Paolo di Pieve

1346

 

8

Vendramino da Lorenzago[§]

1348-1390

Pievano (titolo esplicito)

9

Francesco da Lorenzago

1390-1409

Arcidiacono

10

Matia de Salis

1437-1472

 

11

Vendramino Soldano

1472-1488

Arcidiacono

12

Giovanni Montalto

1488-1490

 

13

Giovanni de Clere

1490-1518

 

14

Zaccaria de Clere

1518-1537

 

15

Domenico Jacobi

1549

 

16

Mattia Pilotto

1550-1582

 

17

Memoriale Memoriali

1583-1597

 

18

Gianpaolo Palatini

1597-1613

 

19

Costantino Costantini

1614-1617

 

20

Baldassarre Pilotti

1617-1633

 

21

Giovanni Maria Pilotti

1633-1657

 

22

Tiberio Pilotti

1657-1690

Arcidiacono

23

Baldassarre Pilotti

1690-1728

 

24

Giacomo Trojano

1728-1736

 

25

Gianbattista Barnabò

1736-1747

Arcidiacono

26

Bartolomeo Da Rin

1747-1754

 

27

Giovanni Andrea Pampanin

1754-1766

 

28

Santo Jacobi

1767-1778

 

29

Giovanni Gaspare De Mejo

1779-1798

 

30

Valentino Da Rù

1798-1846

Arcidiacono

31

Dionisio Da Rù

1847-1859

 

32

Simeone Del Favero

1859-1887

 

33

Lucio Toffoli

1887-1905

 

34

Pietro Peruzzi

1906-1948

 

35

Giovanni Maria Longiarù

1948-1991

 

36

Umberto Ferruccio Bassanello

1991-2003

 

37

Andrea Constantini

2003-2010

 

38

Renato De Vido

2011

 

 

 

 

 


Tutti i link suggeriti ampliano l'approfondimento degli argomenti

Una Comunità Una Fede  libro commemorativo

Chiesa di Aquileia  origini

Il Patriarcato di Aquileja

Istituto Pio Paschini

prof-Cuscito.pdf

Radici del Cristianesimo in Aquileia

https://digilander.libero.it/gogmagog1/ortodossia/aquileia.htm  Cenni di musica aquileiese - Padre Pellegrino Ernetti

Il Cadore: storia

Il dominio dei Caminesi tra Piave e Livenza


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[ § ] E’ il primo con il titolo esplicito di plebanus.Nel 1347 il patriarca Bertrando permette il battistero nelle sette pievi.

    da Appunti storici sui pievani di Vigo di Cadore, F. Pellegrini, G. De Donà.

(nda) Risulterebbe plausibile l’ipotesi che le “sette sorelle” divennero pievi nel 1347, anno della venuta in Cadore del patriarca Bertrando per riappropriare il territorio e riconoscere gli Statuti cadorini, o in anni immediatamente successivi. 

La Pieve, oltre ad essere una chiesa battesimale, era una circoscrizione ecclesiastica minore in cui veniva suddiviso il territorio rurale della diocesi. Soggette alla Pieve erano chiese minori e cappelle, prive di battistero.

* Un documento sinodale del Patriarcato di Aquileia risalente al 1247 documenta l’esistenza indiretta delle pievi.  “Taxatio proventuum Prelaturarum, Prebendarum, et Plebium facta…”. E’ la prima incompleta elencazione da fonte patriarcale. Infatti nel 1247, dal patriarca Bertoldo, vennero definiti quali soggetti dovevano essere sottoposti alla tassazione sui proventi ecclesiastici: i monasteri, le pievi, le prepositure, gli ospedali. E in questo elenco è compresa la ecclesia de Vico e l’Archidiaconatus cum Plebe s. Marie.

#In mancanza di documenti patriarcali è plausibile ritenete che lo "status" della chiesa di Vigo, dal 1208 al 1347, fosse quello descritto dallo storico Muratori, seppure avesse cappellani a Lozzo e Lorenzago: L. A. Muratori (1672-1750), Antichità italiane - Dissertazione LXXIV, Milano 1837 […]Qui vediamo che sotto la Pieve o sia chiesa battesimale si contavano altre chiese prive del Battistero, oratorj, cappelle e piccioli monisterj, sopra i quali godeva alcuni diritti il Parroco o sia Piovano. Queste cappelle nondimeno aveano anch’esse il proprio Rettore, il quale a riserva del Battesimo ministrava gli altri Sacramenti convenienti a sacerdoti pastori d’anime[…] Dal che sempre più riluce che nelle ville eranvi le parrocchie primarie chiamate Pievi, dove si ministrava il Battesimo, e i Rettori di esse venivano chiamati Arcipreti (in un documento del 1235 il pievano di Pieve, Odolrico, è chiamato arciprete). V’erano poi le parrocchie minori, appellate qui minores Tituli

**Ancora oggi, a ricordo degli antichi legami, il pievano di Vigo presiede la celebrazione di insediamento dei nuovi parroci di Lorenzago e di Lozzo, in ottemperanza alla delega in perpetuo firmata dal vescovo Salvatore Bolognesi il 22 agosto 1872.


[A] Editto di Milano (Costantino, 313, libertà di culto). Editto di Tessalonica (Teodosio, 380, cristianesimo religione ufficiale dell' Impero).

[1]Erodiano, 170-250 d.C., Storia dell’Impero Romano. Lo storico descrisse Aquileia quale città importantissima che trovandosi vicino al mare era mercato per l’Italia.

[2]Cristianesimo Antico ad Aquileia ed in Istria, Giuseppe Cuscito.

[3]Origine e Storia Primitiva della Pieve di Cadore, p. 17,Mons. Giovanni De Donà

[4]"Riflessioni sul documento del 21 marzo 1208" Pieve di C. 9.8.2008, conferenza presso il palazzo della Magnifica Comunità

[5]L’autonomia, iniziata nel 1208, culminerà nel 1347 con la concessione patriarcale del battistero alle sette pievi e iI titolo di plebanus al rettore. Primo pievano di Vigo fu Vendramino da Lorenzago.

[6]Appunti storici sui pievani di Vigo di Cadore, Don Floriano Pellegrini e Giovanni De Donà Zeccone

[7] Una Comunità Una Fede, F. Regalia-C. Colarieti Tosti-M. Da Deppo

 

 

 

 

 

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